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IL DESPOSITO NAZIONALE DEI RFIUTI RADIOATTIVI: NUOVE PROSPETTIVE O SPOT ELETTORALI

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Il dibattito a più livelli sul Deposito Nazionale unico dei rifiuti radioattivi continua ad infiammare la cronaca.

Attualmente è in corso la procedura di VAS nei confronti della proposta di CNAI , cioè della Carta Nazionale della Aree Idonee ad accogliere il Deposito Nazionale con annesso Parco Tecnologico, dalla quale emergerà un pool di aree giudicate effettivamente  idonee e  tra le quali una dovrà essere indicata definitivamente come sede del Deposito.

Man mano che il Programma Nazionale di smaltimento dei rifiuti radioattivi procede, da una parte si rafforza la resistenza delle aree indicate nella proposta di Sogin come idonee e dall’altra , sul versante della politica e di Sogin, la società interamente partecipata dallo Stato e responsabile dell’attuazione del Programma Nazionale di Smaltimento dei rifiuti radioattivi,  ci si attesta su posizioni variabili, e talora contrastanti, correlate all’interesse politico o di bottega.

Ne scaturisce un quadro confuso, che dimostra in maniera incontrovertibile la complessità del problema e i limiti di una proposta, quella di Sogin, ormai datata, minata da evidenti gap metodologici e per molti aspetti non più rispondente alla evoluzione degli eventi, anche a scala internazionale, che coinvolgono direttamente o indirettamente il settore nucleare.

Gli eventi bellici e i contrasti internazionali in atto dimostrano chiaramente il limite della progettualità del Deposito Unico; la crescente difficoltà di gestione dei rifiuti a media e alta attività, che tendono ad accumularsi inesorabilmente negli stati della UE, denota l’inadeguatezza generalizzata ad affrontare l’argomento, in mancanza di depositi geologici di profondità, unica soluzione tecnica del problema.

La fuga dal nucleare della Germania e della Spagna, due nazioni leader della Comunità Europea, proprio a causa della difficoltà di gestione dei rifiuti radioattivi ad alta attività, pone anche dalle nostre parti la necessità di riflessioni su quanto si propone intorno alla gestione delle scorie radioattive.

Vale ricordare al riguardo che l’Europa dovrà farsi carico dello smaltimento di 6,6 milioni di mc di materiale radioattivo.

In Italia, se da una parte è chiara la posizione dei territori indicati come idonei per il Deposito da parte di Sogin, unanimemente contraria, diversa e più variegata è la posizione della politica, del Governo, del MASE e della stessa Sogin, che, al di là degli atti ufficiali ormai noti e vivisezionati negli ultimi quattro anni da tutti gli interessati, si applicano all’ interpretazione di atti ed eventi correlati al nucleare evidenziando punti di vista spesso contraddittori. Fatti che se da una parte rafforzano i dubbi dei territori sotto esame, dall’altra denotano in maniera chiara i differenti scopi che le parti in causa intendono perseguire, aggiustati di volta in volta in base agli eventi e ai rumors percepiti.

Fanno riflettere due esternazioni sull’argomento del Deposito Nazionale, da parte del Ministero del MASE, on.le Pichetto Fratin e dell’AD di Sodin,  Gian Luca Artizzu.

IL Ministro Gilberto Pichetto Fratin durante l’evento “Nuove energie” organizzato da La Stampa alle Ogr di Torino il 5 maggio us,  ha dichiarato che esiste la possibilità di effettuare non un unico deposito ma più depositi, sparsi sul territorio nazionale: “....servono più impianti per stoccare le scorie... è illogico avere un solo centro nazionale......dobbiamo pensare a come liberare dai rifiuti gli ospedali e gli uffici (sic).....”

Parole innovative, immesse pubblicamente sul palcoscenico del dibattito sempre più aspro intorno al problema dello smaltimento dei rifiuti  radioattivi e suscettibili di contrastanti interpretazioni.

Gli stakeholder dediti alla contrapposizione all’ipotesi del Deposto Nucleare Unico non potevano che giudicare in senso positivo le affermazioni del Ministro, dalle quali sembra trasparire la possibilità di superare il tabù dell’unicità del Deposito, addivenendo alla possibilità di suddivisione delle scorie in più depositi, come molti hanno proposto anche durante il Seminario Nazionale, e come anche previsto dalla Guida Tecnica 30 di ISIN. Questa prevede appunto la possibilità di stoccare in sicurezza i rifiuti radioattivi nelle sedi delle vecchie centrali, in depositi temporanei attualmente in uso o in siti militari dismessi, previa valutazione tecnica sui criteri di sicurezza.

Se le parole del Ministro vanno in questa direzione, non ci si può che compiacere del fatto che le reiterate e unanimi istanze dei territori coinvolti nella proposta di CNAI stiano facendo breccia nella coscienza del Governo e possano aprire nuovi scenari sul tema.

Ma interpretare le parole del Ministro non è sempre facile e spesso manca proprio la definizione analitica degli aspetti trattati, magari anche per mancanza di precisione nelle domande da parte dei vari intervistatori, così che tra gli addetti ai lavori risulta facile imbattersi in alcuni che danno interpretazioni del verbo ministeriale orientate alle proprie convinzioni o interessi.

In verità manca un chiaro riferimento al problema più rilevante,  che è rappresentato dalla gestione dei rifiuti ad alta attività.

Da questo punto di vista, risulta interessante l’intervista all’Amministratore Delegato di Sogin, effettuata di recente dall’Avvocato dell’Atomo, noto sostenitore del Deposito Unico e del ritorno al nucleare (https://youtu.be/CoAQkBfgP70?si_h5d2FD_8gAsij-EJd).

L’interpretazione delle parole del Ministro, ed in particolare l’affermazione riguardante il superamento del deposito unico, viene completamente stravolta.

Secondo Artizzu, I’on.le Pichetto Fratin fa riferimento a rifiuti a bassa attività, fra i quali quelli derivanti dall’attività medica in generale, sia di cura che di diagnosi, rappresentano un significativa quota, con produzione continua correlata alla diffusione a livello nazionale di presidi che ne fanno uso, e che comunque rappresenta un problema già oggi facilmente gestibile, ma destinato ad ulteriore semplificazione. Infatti, si tratta di rifiuti che decadono in circa 2 settimane, per i quali il conferimento in un deposito Nazionale unico, magari in un sede “baricentrica” come il Lazio , definizione cara a Sogin ,  rappresenterebbe una soluzione inutile, costosa e non necessaria rispetto ai reali rischi di contaminazione ambientale connessi e facilmente superabili con buone pratiche. In sostanza gli enti ospedalieri possono, come già fanno in parte, organizzarsi secondo precise linee guida e sostenere l’onere dello smaltimento visti i pochi giorni necessari al completo decadimento radioattivo.

In questa ottica, Artizzu sembra ritenere che le parole del Ministro riguardo a multipli depositi possa far riferimento a questo tipo di organizzazione e sia riferibile a rifiuti ospedalieri. Questi peraltro sono destinati in futuro anche ad un ridimensionamento, in relazione alle sempre più sofisticate metodiche di analisi e cura che richiederanno un uso ancora più basso di sostanze radioattive.

Dalla disamina dell’AD emergono ulteriori interessanti spunti sul tema, che riguardano la qualità e quantità dei rifiuti radioattivi da smaltire/stoccare e il vero problema da risolvere, che è quello che riguarda l’alta attività.

E’ evidente dal discorso di Artizzu che sia necessario un aggiornamento delle quantità e qualità dei rifiuti di cui ci si dovrà interessare, specie se a breve sarà statuita la possibilità di smaltire perifericamente i rifiuti a bassa e bassissima attività, tra cui quelli ospedalieri.

Viene a galla progressivamente il vero problema che riguarda l’alta e media attività. Non bisogna dimenticare che la legge 31 del 2010, prevede la possibilità di stoccare le scorie ad alta attività, prevalentemente derivanti dallo smantellamento delle vecchie centrali, nel Deposito Unico.

Sogin ha affinato la tesi, dichiarando che questa tipologia di scorie sarà stoccata nel Deposito Unico per un periodo temporaneo di lunga durata ( 100 anni minimo), in attesa di future soluzioni. Posto che la soluzione è oggi il deposito geologico di profondità e che, secondo Soglin la realizzazione di una tale struttura è impensabile in Italia dovendosi invece orientare ad una soluzione all’estero, risulta evidente che la contrapposizione dei territori CNAI al progetto assuma sempre maggiore consistenza. La persistenza di scorie ad alta attività in un deposito di superficie per un minimo di 100 anni non viene accettata da nessuno.

Le stesse linee Guida 29 dell’ISPRA e 29 della IAEA, seguite da Sogin per la realizzazione della proposta del Deposito, sono dedicate a depositi per rifiuti esclusivamente a bassa attività.

Lo stoccaggio nel deposito ad alta attività è stato reso possibile esclusivamente dalla Guida Tecnica 30, pubblicata subito prima della CNAPI, che ha consentito di superare il gap normativo  ma ha anche dovuto ammettere le altre tre possibilità sopra menzionate di stoccaggio in altre strutture, come quelle delle vecchie centrali.

E’ qui il vero nodo del problema e quello sul quale si vanno focalizzando gli interessi e le critiche.

L’Europa con la direttiva 70/2011 impone agli stati membri il dovere di gestire i rifiuti radioattivi prodotti sul proprio territorio, ma non parla di deposito unico, demandando ai vari stati membri l’adozione di proprie scelte tecniche, ovviamente correlate alle più opportune delle norme nazionali ed internazionali.

L’AD Sogin ,nel corso dell’intervista, ha tenuto a precisare, in conclusione, che  l’attuazione del Programma Nazionale di Smaltimento procede secondo quanto finora previsto e che pertanto la procedura di VAS sulla proposta di CNAI è regolarmente in corso.

 L’analisi di eventuali nuovi scenari, non meglio identificati, richiesta dal Ministro Pichetto, sarà presa in considerazione ma sembra destinata a non intralciare il percorso delle procedure in atto e destinata eventualmente a rivalutazione del problema dei rifiuti ospedalieri o comunque a bassa e bassissima attività.

Per il resto l’intervista ha riguardato il problema del combustibile esaurito da conferire in Francia e in Inghilterra per i trattamenti del caso.

Al termine non poteva mancare la dura critica dell’Avv dell’Atomo nei confronti del Ministero accusato di eludere irresponsabilmente il problema fino alle prossime elezioni per meri interessi elettorali e in linea con una politica di bassa lega. Tutto questo contro l’orientamento virtuoso del Ministero (sic) e dell’Italia tutta.

Risulta difficile trarre conclusioni dalla disamina di quanto sta avvenendo in questi giorni.

Il Ministro persiste nelle esternazioni sul tema del Deposito che lasciano intravvedere la possibilità di rimettere in discussione l’impianto progettuale, dimostrandosi sensibile, come è dovere dei politici, al sentimento delle popolazioni.

Per quanto riguarda la Provincia di Viterbo, la più a rischio,  occorre in quest’ottica persistere nell’impegno al contrasto e apportare tutti i contributi , a partire da quelli di natura tecnica,  utili a far comprendere come le scelte di Sogin siano criticabili e suscettibili di modifiche.

L’approccio dei territori alla politica e al Governo risulta sempre più necessario, al fine di convincere chi ha il potere reale di decidere anche ascoltando le ragioni del no.

Ma anche la politica deve fare la propria parte. Provincia di Viterbo e Regione Lazio hanno dimostrato di aver compreso la situazione e i reali problemi correlati al progetto Sogin, schierandosi contro e ricorrendo al TAR.

Il Ministro sembra voler aprire a modifiche, ma le sue iniziative appaiono ancora incerte e comunque, se la volontà è quella della revisione, il problema andrebbe affrontato con una preciso piano strategico, come  base per quelle modifiche normative e di legge, senza le quali le parole rimangono tali senza produzione di effetti concreti.

Sogin, in presenza di un quadro confuso come quello attuale, interpreta pro domo sua gli eventi e non può far altro che dichiarare, come è nella realtà, che tutto procede secondo i piani. La procedura di VAS va avanti ed il processo di identificazione dell’area del Deposito Nazionale è in corso.

Quanto durerà non è dato sapere con certezza: 2029 sembra la data indicata come termine della procedura con la identificazione definitiva del sito.

Ad oggi soltanto due fattori sembrano stabilizzati sullo scenario del Deposito: la posizione dei territori, contraria ma aperta al dialogo, e la posizione di Sogin, fermamente determinata a portare avanti il suo progetto.

In mezzo, la politica e il Governo, che, da spettatori interessati, sembrano attendere l’evoluzione di eventi a noi non noti, ma sicuramente correlati a più fattori, fra i quali l’opportunità politica e il  consenso giocheranno un ruolo non secondario.

Ad ognuno il suo.

firma di giorgio