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Scorie nucleari, il mistero dei poligoni militari

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Non ci sono autocandidature e i termini sono scaduti. E ora? Ai 14 siti idonei individuati nell’Isola vanno aggiunti quelli della Difesa, molti dei quali si trovano proprio in Sardegna

“Cinquantuno” sfumature di grigio e un buco nero, quello del Ministero della Difesa. Una mappa “radioattiva” con 51 comuni a “rischio”, di cui 14 sardi, e una voragine di misteri di Stato sulle aree militari destinate ad ospitare il sito unico delle scorie nucleari. Pichetto Fratin, di nome Gilberto, è Ministro dell’Ambiente con scarsa propensione alle mezze frasi. Quando risponde all’ennesimo quesito sul sito destinato ad accogliere il Deposito Unico delle scorie radioattive deve far ricorso alle più vetuste regole della politica: dire tutto, per non dire niente.

Virgolettate le aree militari

Le sue parole sono virgolettate dall’agenzia Ansa in occasione della sua ultima performance pubblica all’Innovation Training di Roma: «La possibilità di autocandidature dei Comuni a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti nucleari al momento non è stata colta. C'è stata una candidatura, quella di Trino Vercellese, che poi è stata ritirata. In questo momento siamo alle 51 aree della Carta dei siti, più le aree militari». Non affermazioni fatte a caso, ma certamente rivelano una parola di troppo rispetto a quanto si era detto sinora sull’individuazione del sito radioattivo. Alle aree definite idonee dalla carta di Sogin, la società di Stato incaricata di smantellare le vecchie centrali nucleari italiane e individuare un deposito unico capace di accogliere le scorie radioattive di ieri e di oggi, il Ministro ha aggiunto una definizione tanto ampia quanto misteriosa: «più le aree militari». Niente di più e niente di meno.

Confessione & silenzio

Un’affermazione-confessione sufficiente a scardinare il silenzio piombato sulla vicenda nucleare. L’ultima volta se ne parlò a dicembre dello scorso anno quando un improvvido decreto legge del Governo aveva deciso di introdurre un’ipotesi molto più che inquietante. Il titolo del decreto numero 181 del 9 dicembre 2023 era una sorta di indice plurimo di materie, ma del capitolo più “scottante” non ne faceva alcuna menzione: «Conversione in legge del decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181, recante disposizioni urgenti per la sicurezza energetica del Paese, la promozione del ricorso alle fonti rinnovabili di energia, il sostegno alle imprese a forte consumo di energia e in materia di ricostruzione nei territori colpiti dagli eccezionali eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023».

"Golpe” militare

L’oggetto del “golpe” militare in materia nucleare era “criptato” all’articolo undici: «Il Ministero dell’Ambiente pubblica sul proprio sito istituzionale l’elenco delle aree presenti nella proposta di Cnapi (Carta nazionale aree potenzialmente idonee, n.d.r.). Gli enti territoriali le cui aree non sono presenti nella proposta di Cnapi, nonché il Ministero della Difesa per le strutture militari interessate, entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’elenco di cui al primo periodo, possono presentare la propria autocandidatura a ospitare sul proprio territorio il Parco tecnologico e chiedere al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica e alla Sogin S.p.A. di avviare una rivalutazione del territorio stesso, al fine di verificarne l’eventuale idoneità». La sintesi era chiara: se qualche Comune “suicida” vuole candidarsi ad ospitare il deposito di scorie lo può fare. A scatenare il mistero, però, è quell’estensione dell’autocandidatura «al Ministero della Difesa per le strutture militari interessate». Una corsia di segretezza “militare” capace di blindare nel silenzio non solo le scelte del sito, ma anche la sua eventuale realizzazione, tagliando fuori Regioni e Comuni. Nell’esame parlamentare l’unica modifica introdotta al testo originario del decreto è stata quella di spostare i termini delle “autocandidature” di Comuni e Ministero della Difesa oltre le elezioni regionali sarde. Prima erano 30 giorni dalla ripubblicazione delle aree idonee nel sito del Ministero dell’Ambiente, mentre al momento della conversione da parte delle Camere erano diventati novanta. Nella home page del Ministero l’elenco dei siti idonei è comparso il 13 dicembre 2023, appena quattro giorni dopo la pubblicazione del decreto-legge sulla Gazzetta ufficiale. Con lo slittamento a novanta giorni, la scadenza per candidarsi a “volontari” del nucleare, era slittata, dunque, al 13 marzo scorso. Qualche giorno fa l’annuncio di Pichetto Fratin è stato perentorio: il comune di Trino Vercellese, in Piemonte, che pure aveva pensato di autocandidarsi, ha dovuto fare ammenda e ritirarsi di gran lena prima che i cittadini “lanciassero” dalla finestra sindaco e amministratori. Il Ministro ha, dunque, ammesso il fallimento del percorso delle “autocandidature” dei Comuni, ma ha affermato senza tema di smentita che alle 51 aree idonee della Carta Sogin si aggiungono «le aree militari». Gilberto & Guido, il Pichetto dell’Ambiente e il Crosetto della Difesa, sono entrambi piemontesi “doc”. Viaggiano con lo stesso aereo, parlano la stessa lingua e solitamente si rispettano. È impossibile che sull’argomento “nucleare” non abbiano concordato la linea, i siti, le “autocandidature” e i tempi del blitz di Stato. Crosetto, potentissimo Ministro della Difesa, del resto, del suo “enclave di guerra” non fa toccare nemmeno uno spillo, figuriamoci se il suo collega dell’Ambiente, Pichetto Fratin, può “ficcarsi” nelle basi militari senza il suo avallo. Fatto sta che dal 13 marzo, data della scadenza per i poligoni “volontari”, nessuno ha svelato gli eventuali siti con le “stellette” indicati per l’annoso compito di smaltire le scorie radioattive pregresse e future. Un silenzio che mal si concilia con la “proclamata” trasparenza, visto che sarebbe stato sufficiente, per eliminare ogni dubbio o possibile contestazione, affermare che alla scadenza prevista dal decreto convertito in legge il Ministero della Difesa non ha avanzato alcuna candidatura. A conferma del fatto che il Dicastero di “guerra” avrebbe, invece, avanzato proprie candidature per i siti militari c’è il “virgolettato” del Ministro competente in materia, quello dell’Ambiente.

Comuni più poligoni sardi

Per la Sardegna il combinato disposto è molto più che inquietante: ai 14 siti già indicati nella mappa di Sogin andrebbero ad aggiungersi quelli relativi ai poligoni sardi che, come è ben noto, sono ben oltre il 65% delle servitù militari dell’intera Italia. Nell’Isola, nonostante la dichiarata opposizione popolare e istituzionale di Regione e Comuni, il Governo Conte prima e quello Meloni, il 13 dicembre scorso, hanno inserito nella mappa delle aree idonee ben 14 potenziali siti ricadenti in ben 22 Comuni: in provincia di Oristano i paesi di Siapiccia, Albagiara, Assolo, Mogorella, Usellus e Villa Sant’Antonio; nel Sud Sardegna, Nuragus, Nurri, Genuri, Pauli Arbarei, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Gergei, Guasila, Ortacesus, Segariu, Villamar, Mandas, Siurgus Donigala e Las Plassas. Ora a rischio ci sono le aree militari dell’Isola: da Teulada a Quirra, da Capo Frasca a Poglina, sino ad arrivare a La Maddalena. In questo “segreto” di Stato qualsiasi sito militare sardo potrebbe, dunque, finire nel mirino “nucleare” del deposito unico.

Arriva il G7

Le rassicurazioni a costo zero in fase preelettorale europea si sprecheranno, ma sino ad oggi non esiste una smentita ufficiale della candidatura di eventuali poligoni militari. Il 29 aprile prossimo, intanto, in Piemonte, a casa dei due Ministri, nella regale “Venaria” di Torino, Pichetto Fratin presiede il G7 dei Ministri dell’Ambiente. All’ordine del giorno un punto inequivocabile: Depositi nazionali per le scorie radioattive. Al vertice mondiale sono stati invitati anche gli uomini della Aiea, l’agenzia internazionale per l’Energia Atomica. L’Italia, che presiede il summit, si presenterà senza risposte e con un silenzio inaccettabile, quello sulla Sardegna e sui poligoni militari.

unionesarda.it
Mauro Pili