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SOGIN E FUTURO DEL DEPOSITO NUCLEARE ITALIANO

I recenti sviluppi sul caso Sogin determinano scenari imprevedibili sul futuro dell’attuazione del Programma di Smaltimento dei Rifiuti Radioattivi, di cui questa società pubblica è diretta responsabile.

Il Programma, realizzato da Sogin in ottemperanza al Dlgs 31 del 2010, aveva dimostrato sin dall’inizio una serie di incongruenze giuridico-normative, destinate nel corso degli anni successivi a minarne la credibilità.

Vale la pena ricordare che detta legge in origine riguardava la “Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonche' misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell'articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99".

Il Dlgs fu messo in discussione dal referendum del 2011, conseguente all’incidente di Fukushima, ma fu salvato, almeno parzialmente, dal solito compromesso tutto italiano, che pur tenendo conto degli effetti del referendum, clamorosamente contrario al nucleare,  volle salvare almeno in gran parte il contenuto della legge in discussione.

Il risultato fu che il nucleare veniva in qualche modo stoppato, ma la legge che a rigor di logica sarebbe dovuta essere abrogata,  restò in piedi seppur mutilata. Infatti, fu cassata la parte relativa alla costruzione di nuove centrali nucleari ma restò in vigore la parte riguardante la realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e dei compensi previsti.

In questo modo si restava ancorati alle direttive europee sull’argomento ed in particolare alla direttiva EURATOM 70 del 2011, che imponeva ai singoli stati lo smaltimento sul proprio territorio dei rifiuti radioattivi.

Sogin ha quindi potuto procedere, sbagliando però tutto quanto era possibile sbagliare.

Ha utilizzato malissimo gli enormi fondi derivanti dalle bollette energetiche pagate dagli Italiani, sia proponendosi in spese incongrue sia ritardando colpevolmente la messa in sicurezza dei siti nucleari e dei relativi rifiuti.

Ma le colpe di Sogin non si sono fermate soltanto a questo, il meglio doveva ancora venire.

La elaborazione della CNAPI, la Carta Nazionale delle Aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito Nazionale unico dei rifiuti radioattivi, ha dimostrato di fare acqua da tutte le parti.

Tutti e trecento gli stakeholder pubblici e privati che hanno partecipato alla Consultazione Pubblica e al Seminario Nazionale, eventi finalizzati alla discussione sulla scelta dei siti potenzialmente idonei,  hanno rigettato la CNAPI sulla base di consulenze tecniche di alto livello scientifico e con l’appoggio delle rispettive regioni interessate. Ha fatto eccezione la sola Regione Lazio.

La Sogin, come da copione, non ha tenuto in alcun conto le osservazioni proposte ed ha proceduto alla elaborazione della CNAI, la Carta Nazionale delle Aree Idonee, oggi ancora non disponibile e al vaglio dei ministeri competenti, in particolare del MITE.

Il contenuto della CNAI, ottenuto comunque per via giudiziaria dagli interessati, ed in particolare dal Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni  della Provincia di Viterbo, ha dimostrato quanto ormai era facilmente percepibile dalla conduzione autoreferenziale del Seminario da parte di Sogin,  che la vedeva sul banco degli accusati ma anche unico giudice  della contesa.

Il risultato è stato di conseguenza un nulla di fatto. Tutto il lavoro dei trecento stakeholder, che avevano ingaggiato tecnici qualificati, professori universitari, ingegneri, anche a fronte di notevoli impegni economici, di fatto è stato completamente ignorato e quindi non ha inciso sulla possibilità di eliminare dalla CNAPI le aree contestate.

Dei 67 siti iniziali, “potenzialmente” idonei, dopo il “disinteressato” vaglio di Sogin, in qualità di giudice unico della faccenda, ne sono risultati “realmente” idonei nella CNAI ben 58. Tra questi tutti e 22 quelli della Provincia di Viterbo.

Ma proprio alla fine della Consultazione Pubblica sono iniziati i guai per Sogin. La Guardia di Finanza ha iniziato i controlli sul suo operato, la Commissione Ecomafie della Camera ha dichiarato di volerci vedere chiaro, la Commissione Europea ha posto in procedura di infrazione l’operato dei ISIN relativamente alle ricadute sulla CNAPI e di conseguenza sulla CNAI. Nelle more un attacco Hacker aveva anche disvelato le ulteriori  incongruenze di Sogin riguardo alla sicurezza dei dati sensibili di cui era responsabile.

L’ISIN , l’ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare, ha tenuto un atteggiamento che ha suscitato perplessità in coloro che sono interessati alla vicenda ma che non ha mancato di attirare l’interesse critico della UE.

L’ISIN ha come dovere istituzionale quello di tutelare come ente terzo la sicurezza in materia nucleare. Come tale, in sostituzione della vecchia ISPRA ormai dismessa e responsabile della Guida Tecnica 29 che doveva regolamentare la realizzazione dei depositi nucleari di superficie,  destinati allo smaltimento dei rifiuti radioattivi a bassa attività, ha prodotto la Guida Tecnica 30.

Questa sia per il contenuto che per la tempestività con cui è stata pubblicata ha suscitato molte critiche. La guida Tecnica 30 è stata pubblicata appena un mese prima della pubblicazione della CNAPI ed il suo contenuto non poteva passare inosservato agli addetti al problema.

La Guida 30 ha infatti previsto la possibilità di poter stoccare in un deposito di superficie, adatto esclusivamente allo smaltimento di rifiuti radioattivi a bassa attività, secondo la Guida Tecnica 29 ISPRA di riferimento, anche materiale radioattivo ad alta attività. Materiale che necessita di 30.000 anni per decadere e che può essere smaltito soltanto in depositi geologici di profondità. Depositi oggi inesistenti al mondo. Senza questo tardivo e discutibile documento di avallo la CNAPI non poteva reggere all’urto della critica: lo stoccaggio per un tempo previsto di almeno 100 anni, definito “ironicamente” temporaneo di lunga durata da parte di Sogin,  era ed è incompatibile con un deposito di superficie come quello in programma. 

Ma ISIN conscia della responsabilità che si stava assumendo ha anche fornito tre ulteriori alternative. Fra queste la possibilità di mantenere in sicurezza il materiale ad alta attività nelle sedi delle vecchie centrali nucleari o degli attuali depositi italiani, ovviamente opportunamente condizionato. Scelta proposta da molti degli stakeholder che hanno partecipato al Seminario Nazionale ma pervicacemente negata da Sogin.

Ne deriva un quadro per alcuni aspetti disarmante e tale da dover richiedere un intervento deciso da parte del Governo, come richiesto anche dal Coordinamento suddetto, che ha sottoscritto insieme ai comuni della provincia di Viterbo un appello al Presidente Draghi, ancora non accolto, e uno al Presidente Zingaretti, del tutto ignorato.

Oggi tutto è nelle mani dei ministeri competenti, ed in particolare del nuovo ministero del MITE, che correttamente si è intromesso nella questione e che sarà responsabile dei passi futuri, a partire dalla approvazione della CNAI.

Ovviamente il MITE non poteva ignorare lo stato dei fatti, e come primo atto concreto ha messo mano al problema, perché tale è ormai diventato, della Sogin.  

Il Commissariamento sembra essere il primo passo. Tuttavia leggendo quanto è dato sapere dalla stampa si tratterebbe di una iniziativa forte, della quale non si intuisce appieno il significato e il possibile  impatto sull’attuazione del Programma Nazionale di Smaltimento dei Rifiuti Radioattivi.

Sembra trattarsi di una delega amplissima, con deroghe a leggi e normative finalizzate al perseguimento di un interesse pubblico superiore, e contemporaneamente con rispetto precipuo delle direttive europee in materia.

Se così sarà non si può che immaginare una accelerazione sul programma, con poche possibilità di interventi esterni.

A questo punto ci sarà da chiedersi quale sarà il futuro della CNAI. Sarà adottata così come preparata da Sogin? Ci sarà spazio per una ulteriore discussione, stavolta seria e puntuale? Oppure sulla scia della necessità di portare avanti il Programma, della tiritera dell’Europa” che lo vuole”, degli interessi anche economici in ballo, assisteremo ad un accelerazione  “autarchica” senza possibilità di confronto, secondo quanto già visto finora?

 Senza voler pensare male, ma stando soltanto alla logica di quanto è scritto nella storia parlamentare italiana, tutto fa pensare che ci si stia avviando alla soluzione finale, e cioè ad una approvazione  del tutto in “limine mortis” dell’attuale governo.  Il governo successivo si troverà tutto apparecchiato e non potrà che dar seguito al diligente compito portato a termine da  quello che lo aveva preceduto. Il nuovo governo, costituito in gran parte da elementi nuovi e da nuove compagni politiche, potrà sempre declinare pregresse responsabilità,  salvo adeguarsi ad esse in quanto già approvate.

Situazione quindi difficile da interpretare. Resta soltanto da auspicarsi una presa di responsabilità complessiva del Governo e del MITE, in particolare. Se si procederà in via definitiva al commissariamento di Sogin, possiamo soltanto sperare che non se ne voglia attuare  il risultato finale, frutto di un processo decisionale e progettuale che fa acqua da tutte le parti e che anche per questo ha determinato il “fallimento” di Sogin e la necessità del suo commissariamento. Se così sarà, si dovranno mettere in discussione anche CNAPI e CNAI, prodotti squalificati di una organizzazione squalificata.

Sul campo a combattere resteranno comunque Comitati e Associazioni che finora si sono impegnati profondendo il massimo sforzo, accogliendo migliaia di adepti e rappresentando centinaia di migliaia di cittadini,  migliaia di aziende e centinaia di milioni di fatturato potenzialmente danneggiati dal Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi.  Le possibili iniziative riguarderanno un coordinamento nazionale, esteso a tutte le regioni interessate, al fine di indurre il Governo ad una discussione tecnica, oltre che politica, sul Programma di Smaltimento dei Rifiuti Radioattivi e sui risultati criticabili fin qui raggiunti.

Prof. Angelo Di Giorgio

Vicepresidente del Comitato Montalto Futura