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IL DEPOSITO DI PROFONDITA’ DI ONKALO: UN ESEMPIO INAPPLICABILE IN ITALIA

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Il funzionamento e lo spegnimento delle centrali nucleari al termine della loro attività innesca una serie di attività  finalizzate allo smaltimento delle scorie radioattive, derivanti dalla precedente attività di produzione. La parte più significativa di tali rifiuti è rappresentata da scorie ad alta attività, il cui decadimento è previsto in un arco di tempo di oltre 30.000 anni,

Lo smaltimento dei rifiuti radioattivi ad alta intensità rappresenta il problema più gravoso da affrontare per quei paesi che hanno affidato parte della propria produzione di energia elettrica alla tecnologia nucleare.

Allo stato attuale la realizzazione di depositi geologici di profondità appare la metodica più accreditata. In sintesi i depositi di questa tipologia sono realizzati  a diverse centinaia di metri di profondità, nel contesto di manti rocciosi adatti,  consolidati dalla storia naturale dell’area, impermeabili alle infiltrazioni idriche, esenti da rischio sismico. Si tratta di opere di altissimo costo e difficile attuazione.

I costi della realizzazione sono difficilmente stimabili e dipendono da molteplici fattori, quali le dimensioni del deposito, le difficoltà tecniche da gestire in relazione alla qualità delle aree prescelte.

Le difficoltà nell’ attuazione sono correlate principalmente alla ricerca  delle strutture naturali rocciose adatte alla realizzazione del deposito.

Questo è l’elemento di maggiore rilevanza nella progettazione dei siti di smaltimento per scorie ad alta attività, dal momento che le aree  adatte dal punto divista geologico sono distribuite in modo irregolare, difficili da indentificare e strettamente correlate alla storia naturale delle varie aree poste sotto osservazione.

L’UE, in particolare attraverso la direttiva Euratom 70 del 2011, ha imposto alle nazioni della Comunità di provvedere nell’ambito del proprio territorio nazionale allo smaltimento dei rifiuti radioattivi di qualsiasi natura e comunque prodotti.

In Europa la situazione geologica è variamente conformata e stando alle stime degli esperti le aree più congeniali a questo tipo di smaltimento sono situate nel nord del continente, sede della più antica orogenesi europea. Meno adatte sono i territori del sud del continente, tra cui l’Italia, sede dell’ultima orogonesi risalente a 250 milioni di anni, in cui la situazione tettonica è ancora in fase di assestamento, con una elevata concentrazione di aree sismiche.

La Sogin, la società responsabile del Programma Nazionale di smaltimento dei rifiuti radioattivi, ha dichiarato che non prevede piani di realizzazione di un deposito di profondità sul territorio italiano, ritenendo l’impresa troppo onerosa economicamente, mentre attenderebbe un progetto che preveda un deposito europeo per  le scorie ad alta attività.

Le ragioni riferite da Sogin hanno un fondamento: i costi sono elevatissimi e l’Italia non ha ancora identificato sul territorio aree plausibili per la realizzazione di depositi di profondità. Fatto che potrebbe non essere possibile proprio in relazione alla qualità geologica del territorio nazionale.

E’ anche vero che attendere  la realizzazione uno deposito comune europeo appare più un miraggio che una realtà: risulta difficile credere che uno o più stati europei vogliano assumersi l’onere, anche dietro vantaggiosi compensi, di accogliere le enormi quantità di scorie radioattive e prodotte e in via di produzione in Europa.

Stando alle stime del World Nuclear Waste Report del 2019  di Rebecca Harms in Europa occorrerebbe smaltire 6,6 ml di mc di materiale radioattivo, nella stragrande maggioranza ad alta attività,  derivante dalle complesse operazioni di smantellamento delle centrali esistenti. Si tratta complessivamente di quantità impressionanti, ingestibili in un unico deposito e destinate probabilmente ad essere collocate in più depositi se in Europa si addivenisse ad una tale decisione comunitaria. Decisione resa anche più ostica dal fatto che ogni stato europeo che accetasse l’ipotesi della realizzazione di un deposito europeo unico dovrebbe poi accettare anche il rischio di essere indicato come sede del deposito stesso. In sostanza la realizzazione di uno o più depositi europei in grado di accettare le scorie di altre nazioni appare inverosimile e comunque lontana.

Resta un fatto reale: nessuna nazione europea, e se per questo nessuna nazione al mondo, ha realizzato un deposito geologico di profondità. Fa eccezione soltanto la Finlandia, l’unica che ha messo mano seriamente al problema ed ha quasi ultimato la costruzione del sito di smaltimento.

Il Deposito di Onkalo

 Si tratta di un deposito tarato alle esigenze dello stato finlandese e perfettamente in linea con le direttive europee, che prevedono appunto lo smaltimento in proprio delle scorie nucleari da parte di ogni stato membro.

La Finlandia detiene 2 centrali nucleari(Olkiluoto e Loviisa)  con 2 reattori nucleari in funzione per ciascuna; altri due reattori sono in fase finale di costruzione (Olkiluoto 3) ,  per un totale di circa 4000 MW, che consentiranno alla Finlandia di produrre circa il 40-50% di energia elettrica da tecnologia nucleare.

La realizzazione del Deposito di Onkalo è stata lunga: gli studi per la scelta del sito sono iniziati negli anni 90 ed hanno identificato il sito nella municipalità insulare di Olkiluoto, a  soli circa 5 km di distanza dalla omonima centrale nucleare.

La particolare conformità rocciosa granitica dell’area costituisce la massima garanzia di sicurezza da infiltrazioni di acqua ed anche da eventi sismici, dal momento che il sito prescelto è situato tra due faglie distanti fra di loro a garanzia della stabilità sismica complessiva.

Il deposito sotterraneo, realizzato ad oltre 400 mt di profondità, ospiterà nei suoi tunnel le scorie radioattive ad alta intensità prodotte in Finlandia, ed in particolare quelle delle centrali nucleari; si stima che in 60 anni di attività le tre centrali Finlandesi(compresa la nuova 3 Olkiluoto)dovrebbero produrre circa 6500 tonnellate di combustibile esausto.

Il costo dell’opera è stimato in circa 900 milioni di euro.

La situazione italiana

La situazione italiana è notevolmente più complessa di quella Finlandese.

Nel contesto delle aree rocciose italiane risulta difficile identificare un sito con caratteristiche di sicurezza assimilabili a quelle reperibili nel nord Europa ed in particolare a quelle del deposito Finlandese.

Ancora non risultano stati effettuati studi circa la identificazione di un eventuale sito adatto alla realizzazione di un deposito di profondità, né, come riportato, sembra questo essere un obbiettivo, almeno immediato, di Sogin.

Sogin ha proposto  di realizzare   un centro di stoccaggio ad alta attività( CSA) realizzato nel contesto del programmato Deposito Nazionale Unico dei rifiuti radioattivi, denominato deposito “temporaneo di lunga durata”. In sostanza si tratterebbe di un’area riservata ad ospitare per un periodo minimo di 100 anni i 17.000 mc di scorie ad alta attività presenti in Italia. Il periodo di 100 anni sarebbe necessario per trovare la soluzione definitiva per lo smaltimento.

Questa soluzione è fortemente attaccata  dal punto di vista tecnico dai Comitati e le Associazioni che si sono misurate nel corso del Seminario Nazionale con Sogin ed ha indotto una serie di Comitati a ricorrere in giudizio per sostenere le ragioni della contrarietà ad una soluzione del genere.

Ragioni che sono basate sulla incongruità fra operato e scelte tecniche della Sogin da una parte e le normative vigenti in materia dall’altra. Il Deposito Nazionale Unico è un deposito di “superficie” adatto allo smaltimento delle scorie a bassa e media intensità e non ad accogliere per un tempo così prolungato le scorie ad alta attività.

La posizione di Sogin è ferma sulla concezione che le scorie ad alta attività, contenute nei CASK, sistemi di contenimento ad alta tecnologia, siano in grado di garantire la sicurezza pur se stoccati in un deposito di superficie, adatto esclusivamente alle scorie di bassa attività. Appare evidente che se il sito più sicuro per le scorie ad alta attività sia rappresentato da un deposito geologico di profondità, la scelta di un deposito “temporaneo” utilizzato per  almeno 100 anni esporrebbe il territorio prescelto a rischi inaccettabili.

Incongruità che, accompagnate alla applicazione di criteri discutibili dal punto di vista tecnico e metodologico,  hanno consentito a Sogin di realizzare la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente idonee ad accogliere il Deposito Nazionale Unico dei rifiuti radioattivi, che ha identificato 67 aree in Italia, e ben 22 nella sola Provincia di Viterbo.    

Il sito del Deposito italiano è ancora lontano dall’essere identificato e la scelta di soluzioni corrette tecnicamente e accettabili dai territori indicati come potenziali non è ancora emersa.

L’opzione di mantenere le scorie ad alta attività nei siti delle attuali centrali in via di decommissioning, opportunamente disposte in sicurezza magari nei CASK, è un’ipotesi plausibile indicata anche nella Linea Guida 31 dell’ISIN, l’ente italiano deputato alla sicurezza nucleare.

 La pubblicità occulta

Il problema dello smaltimento delle scorie ad alta attività e della realizzazione del Deposito Nazionale Unico si intreccia pericolosamente con la possibilità del ritorno alla produzione di energia elettrica da nucleare in Italia.

Eventualità ventilata da diversi partiti politici nelle recenti campagne elettorali e che troverebbe un supporto anche nella riesumazione nella sua interezza della Legge 31 del 2010, che prevedeva :”

Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonche' misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell'articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99”

 Questa legge non fu totalmente abrogata in esito al referendum antinucleare del 2011 e rischia di essere il supporto legislativo per un nuovo tentativo di ritorno al nucleare.

Nelle more della delineazione di un programma dai contorni meno sfumati e al di fuori delle dichiarazioni larvate e poco definite della politica, che sembra voler tastare il terreno del consenso prima di avventurarsi su un terreno scivoloso come quello del nucleare, si muove tutta una comunicazione di contorno che tende comunque a sostenere le ragioni del ritorno all’atomo.

Corsi e ricorsi della storia. Così ogni qualvolta si affronti un problema connesso alla tecnologia nucleare, sempre con maggiore determinazione si enfatizzano i supposti vantaggi e si sminuiscono i potenziali danni o rischi ambientali e per la salute. La realizzazione del Deposito geologico di profondità appare come una normale e facile soluzione al problema delle scorie radioattive ad alta intensità.  Fatto questo che rimette in ballo un possibile ritoprno alla realizzazione di nuove centarli necleari per la produzione di energia elettrica.

E’ il caso ad esempio di una delle ultime uscite sull’argomento attraverso un video su youtube:  https://youto.be/yEvaXW3Szng

A mio parere si tratta di un documentario ingannevole, non per il contenuto ma per i fini che si prefigge. Per alcuni versi è assimilabile al documentario sul deposito di superficie francese de l’Aube , tanto pubblicizzato nel periodo del Seminario.

E evidente che il fine sia quello di tranquillizzare: si può  realizzare un deposito sicuro per le scorie ad alta attività e quello finlandese è un modello. Pertanto si può continuare a produrre elettricità da fonti nucleari dal momento che il più grave dei problemi correlati, e cioè lo smaltimento delle scorie ad alta attività, è cosa fatta: basta realizzare un deposito geologico di profondità. Basta poi una buona comunicazione ed anche le resistenze delle comunità locali si affideranno tranquillamente, arrendendosi alla tecnologia giusta.

Tutto bene. Ma tutto bene per la Finlandia, dove la più antica orogenesi europea garantisce un mantello roccioso adatto, impermeabile alle infiltrazioni d’acqua, non sismico; dove il deposito è realizzato su un’isola, (Olkiluoto) praticamente disabitata, e sede di una delle due centrali nucleari finlandesi in attività, dove la popolazione globale è di appena 5 milioni di abitanti, come Roma e dintorni sparsi in un’area vasta.

Tutto questo non ha alcuna affinità con l’Italia, sede dell’ultima e più recente orogenesi europea, con aree rocciose inadatte per qualità e rischio sismico diverso da quello finlandese.

Inoltre la stessa Sogin ha escluso la realizzazione di un deposito geologico in Italia perchè troppo costoso e forse perché anche troppo difficile da individuare.

Sogin attende la realizzazione di un deposito unico europeo, a mio parere irrealizzabile, posto che nessuna nazione per quanto ripagata vorrà ospitare per l’eternità le scorie radioattive di altri stati europei tenendo conto delle quantità enormi che dovranno essere smaltite nei prossimi anni ( 6,6 milioni di mc).

Si tenga conto che la Finlandia smaltirà nel suo deposito appena 6500 tonnellate di materiale radioattivo, corrispondente a circa 4.000-4.500 mc.  Soltanto l’Italia dovrà smaltire 17.000 mc di scorie ad alta attività.

Pertanto il documentario, così come gli altri reportage sul problema che girano per il web o per le tv, debbono essere considerati  con le opportune cautele e riportati alle realtà di ogni singolo stato.

In Italia il problema dello smaltimento delle scorie ad alta attività esiste e sembra destinato a sussistere per un periodo indefinibile: i responsabili del governo debbono dare proposte chiare e credibili. Fino ad oggi sul problema del trattamento di questo tipo di rifiuti radioattivi  c’è poco di credibile, motivo per il quale è stata significativa la partecipazione degli stakeholder  pubblici e privati al Seminario Nazionale che avrebbe dovuto celebrare un confronto tecnico con la Sogin sul suo Programma Nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi.  Ed è anche per questo che Comitati, Associazioni ed ora anche Comuni hanno aderito alla prima azione giudiziaria nei confronti di Sogin e dei ministeri competenti per annullare la validità della CNAPI, cioè del documento tecnico che costituisce la prima fase attuativa del Programma Nazionale di gestione dei Rifiuti Radioattivi finalizzata alla identificazione delle aree potenzialmente idonee ad accogliere il Deposito Nazionale , che include  in un unico deposito tutte le scorie radioattive italiane, comprese quelle ad alata attività, derivanti dal decommissiong delle vecchie centrali nucleari.

Angelo Di Giorgio