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LA PROVINCIA DI VITERBO SI MOBILITA CONTRO LA CNAI

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Il 29 dicembre 2023 , nell’ ultima seduta dell’anno, il Presidente della Provincia di Viterbo, Alessandro Romoli, ha portato all’ordine del giorno dell’Assemblea dei Sindaci la proposta di una delibera che sanciva la posizione di contrarietà dei Comuni della Tuscia nei confronti della realizzazione del Deposito Nazionale unico dei Rifiuti Radioattivi nell’ambito del territorio.

L’assemblea all’unanimità ha votato a favore e pertanto si può affermare con chiarezza che, analogamente a quanto accaduto nelle altre province italiane coinvolte nella CNAI( Carta Nazionale delle Aree Idonee ad accogliere il Deposito Nazionale), anche la Provincia di Viterbo è ufficialmente contraria al progetto.

L’assemblea ha, inoltre, dato mandato al Presidente di intraprendere le azioni necessarie a contrastare il programma di Sogin, incluse anche iniziative di ordine giudiziario.

Fatto che ha avuto subito risultati conseguenti:  l’undici febbraio, nei termini previsti, la Provincia si è costituita in giudizio presso il TAR Lazio contro la CNAPI/CNAI e le valutazioni di idoneità  assegnate da Sogin a ventuno  aree del territorio.

La strategia complessiva in ambito provinciale prevede che a seguito del ricorso proposto dalla Provincia, anche i Comuni aderiscano ad adjuvandum con proprie specifiche ragioni, atte a tutelare il proprio territorio e controbattere con motivazioni individuali le ragioni del no alla scelta delle rispettive aree incluse nella CNAI.

Si sta pertanto verificando,pur se con ritardo, un movimento provinciale di opposizione al progetto Sogin, che vede un progressivo coinvolgimento degli stakeholder privati , quali associazioni, Comitati e Biodistretti, i primi e più attivi a contrastare le proposte di Sogin,  e di quelli pubblici, rappresentati in primis dai 14 comuni che includono sul proprio territorio le 21 aree che sono rimaste idonee nella lista della CNAI.

Al riguardo va evidenziato che il rischio che un Comune della Provincia di Viterbo venga scelto per la realizzazione del Deposito Nazionale è altissimo: la CNAPI ( Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee) originariamente prevedeva 67 aree potenzialmente idonee, di cui 22 nella Provincia di Viterbo; la CNAI, pubblicata il 13 dicembre 2023, prevede 51 aree, di cui 21 risultano confermate nel territorio  viterbese.

L’analisi di questi dati ratifica innanzitutto che la Provincia di Viterbo è ancora quella che detiene il maggior numero di aree idonee e che il rischio per la Provincia è ancora più alto se si considera che10 delle 51 aree CNAI, quelle insulari, di fatto possono essere considerate cassate dalla lista. Infatti, Sogin, anche durante il Seminario Nazionale, ha ribadito che la scelta di aree insulari è praticamente da non considerare in relazione agli alti costi di trasferimento del materiale radioattivo dal continente e dei rischi connessi.

Ne deriva che la Provincia di Viterbo complessivamente ha il 50% delle possibilità di essere prescelta.

Ma la situazione peggiora ancora se si analizzano le aree alla luce dei deprecabili criteri adottati da Sogin per creare un ordine di idoneità; fra le 51 aree CNAI, 7 sono classificate come A1, cioè quelle più adatte in assoluto per il Deposito, e la maggioranza assoluta di queste, ben 5, sono nella Provincia di Viterbo. In particolare 3 sono collocate nel territorio del Comune di Montalto di Castro e 2 in quello di Corchiano.

Non v’è dubbio, sulla base di questi elementi, che il territorio Viterbese è il più probabile candidato ad accogliere il Deposito Nazionale.

L’unanime manifestazione di contrarietà al progetto di Sogin,  espresso durante il Seminario Nazionale da oltre 300 documenti presentati dagli stakeholder di tutte le province interessate, e le forti critiche piovute sull’operato di Sogin hanno indotto il Governo ad entrare in campo in maniera determinata, al fine di sciogliere l’intricata matassa in cui si dibatte attualmente il problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi in Italia.

La situazione ormai insostenibile, ha indotto il Governo all’ emanazione del DL 181/23 convertito il 29 gennaio, che di fatto smantella la proposta di Sogin,  radicata esclusivamente sulla CNAPI/CNAI,indicando una strada alternativa  del tutto  opposta rispetto a quella della indicata nella CNAI. Il Decreto, infatti,prevede la possibilità che possano autocandidarsi anche Comuni  al di fuori della CNAI e che possano essere presi in considerazione siti militari dismessi, purchè una valutazione tecnica ne preveda l’idoneità.

Si tratta di un’iniziativa deflagrante, che sconfessa l’operato di Sogin e sancisce l‘errata impostazione dei suoi tecnici, che hanno ideato ed adottato una metodologia completamente sbagliata riguardo all’ identificazione delle aree e all’ elaborazione dell’ordine d’idoneità. Appare, infatti, chiaro che se autocandidature al di fuori della CNAI risulteranno idonee al vaglio dei tecnici che le analizzeranno, significa che lo staff Sogin non è stato in grado in grado di identificarle prima e di proporle quando preparava la CNAPI.

Fatto ancora più grave se si considera che già nel 2017, la commissioneVIA/VAS del Ministero dell’Ambiente aveva identificato in oltre 50  punti una serie di critiche e raccomandazioni riguardo al Programma di smaltimento dei rifiuti Radioattivi proposto da Sogin, fra le quali figuravano anche una serie di richieste tese a verificare  soluzioni alternative a quelle prevedibili con i criteri adottati per la CNAPI, ma mai prese in considerazione dalla stessa Sogin. Anche il DL 380 del 10/12/2018 aveva ripreso le richieste della suddetta Commissione ed aveva approvato il Programma di Smaltimento dei Rifiuti Radioattivi come proposto da Sogin reiterando le 54 “raccomandazioni, suggerimenti, condizioni e osservazioni” della Commissione VIA_VAS.

Le critiche maggiori si focalizzavano, inoltre,  sulla soluzione perseguita da Sogin per smaltire i 95 mc di materiale radioattivi previsti, ed in particolare i 17,000 rappresentati da rifiuti ad alta attività, che prevedeva la concentrazione in un unico sito di tutti i rifiuti radioattivi prodotti sul territorio nazionale, a prescindere dalla loro specifica tipologia. La soluzione Sogin prevedeva, infatti, che nel Deposito Nazionale confluissero sia le scorie a bassa e media attività che quelle ad alta attività, ipotesi che non era contemplata dalle normative all’atto della formulazione del Programma Nazionale di smaltimento e della elaborazione della CNAPI.

Un mese prima della pubblicazione della CNAPI, avvenuta il 5 gennaio del 2021, l’ISIN con la pubblicazione della Guida Tecnica 30 era venuta in soccorso della Sogin , per consentire la pubblicazione definitiva della CNAPI nella discutibile versione che l’ente aveva adottato e che consentiva  la concentrazione in un unico deposito sia delle scorie a bassa, molto bassa e media attività che quelle ad alta attività.

La Guida prevedeva, infatti, di consentire  lo stoccaggio all’interno del Deposito Nazionale  del materiale radioattivo ad alta attività(17.000 mc) contestualmente a quello a bassa e media attività(78.000 mc), limitatamente ad un periodo “temporaneo di lunga durata”, e con questo legittimava apparentemente la CNAPI.  Ma la Guida 30 prevedeva anche tre ulteriori ipotesi, fra le quali quella di poter mantenere in sicurezza le scorie ad alta attività nelle sedi delle vecchie centrali nucleari o dei depositi temporanei in funzione o di altri siti eventualmente riconosciuti idonei. 

La Guida in sostanza consentiva a Sogin di pubblicare la CNAPI, riconoscendo che il Deposito Nazionale, costruito secondo i criteri della Guida Tecnica 29 dell’ISPRA, come previsto dalla legge di riferimento (DL 31 del 2010), poteva, pur se limitatamente ad  un periodo temporaneo” di lunga durata”, accogliere in un deposito costruito con criteri adatti esclusivamente ai rifiuti a bassa e media attività anche le scorie ad alta attività.  La stessa Guida, tuttavia, prevedeva altre possibilità nella consapevolezza delle criticità connesse a tale scelta e delle responsabilità che proprio ISIN si assumeva, avallando una opzione tecnica contraddittoria con le normative di riferimento, vigenti nel periodo in cui il Programma Nazionale e la CNAPI erano stati concepiti e realizzati.

Ma anche in presenza di questa discutibile soluzione di compromesso, la proposta di Sogin risultava complessivamente  ancor più inaccettabile.

Di fatto si riconosceva che la soluzione proposta presentava incongruenze rispetto alle normative e ai rischi ambientali, criticità alle quali si proponeva di porre rimedio con la soluzione di una proposta temporanea, utile a trovare successivamente una soluzione definitiva allo smaltimento delle scorie ad alta attività.

Stando alle attuali conoscenze tecniche in materia di smaltimento delle scorie ad alta attività, posto che il decadimento delle scorie ad alta attività  avviene in un periodo di tempo  superiore a 30.000 anni e posto che qualsiasi tipologia di contenitore (cask) oggi proponibile non possa per ovvie ragioni essere efficace per lunghi periodi di tempo,  l’unica proposta oggi condivisa è quella di  conferire tale tipologia di rifiuti in depositi geologici di profondità.

Resta tuttavia il fatto che attualmente non esista al mondo alcun deposito geologico di profondità in funzione e che soltanto in Finlandia sia in fase avanzata di costruzione una struttura del genere.

La stessa Sogin durante il Seminario Nazionale ha ribadito che questa soluzione non  è prevedibile in Italia, perché troppo costosa e di difficile attuazione.

L’insieme di queste valutazioni, ha indotto i Comitati e le Associazioni della Provincia di Viterbo a ricorre al TAR per l’annullamento della CNAPI e della CNAI, attraverso la presentazione di successivi atti, maturati sulla base della evoluzione dei fatti relativi alla progressiva attuazione del programma Sogin,  ai quali si  stanno adeguando progressivamente la Provincia ed i Comuni viterbesi.

Allo stato attuale comunque si deve registrare una fase di stallo: il citato Decreto 181 del 2023 non ha sortito effetti concreti. Nei 30 giorni previsti a partire  dalla pubblicazione del Decreto un solo comune, quello di Trino Vercellese, ha avanzato la propria candidatura, peraltro contestatissima dalla Provincia e dai Comuni limitrofi. Il Governo ha dovuto pertanto provvedere e con l’aggiornamento del 29 gennaio us ha prolungato di ulteriori 60 giorni il periodo utile a presentare autocandidature al di fuori delle aree sancite dalla CNAI.

Ma si tratta di un tentativo che lascia poco spazio a soluzioni concrete: è difficile immaginare che qualche piccolo comune italiano in così breve tempo abbia la possibilità di comprendere il problema nel suo complesso e si possa autocandidare. Si tratterebbe di una scelta obbiettivamente difficile da far digerire in tempi ristretti al contesto territoriale e risulterebbe, come di fatto è nella cruda realtà, soltanto un’operazione economica, fermo restando che qualsiasi eventuale riferimento al dovere civico e alla correttezza istituzionale di una tale decisione d parte di un qualsiasi piccolo comune assetato di soldi non reggerebbe ad alcuna seria considerazione sulla scelta.

L’ulteriore ipotesi prevista dal Decreto e riguardante i siti militari dismessi rappresenta un’ipotesi interessante, della quale però non si hanno finora notizie.

In realtà, restando sul piano delle possibili soluzioni,  sono disponibili anche le altre ipotesi previste dalla Guida Tecnica 30, che sorprendentemente sono poco considerate e cioè quelle relative alla conservazione in sicurezza, almeno per le scorie ad alta attività, presso le attuali centrali in dismissione o nei vari siti di stoccaggio in funzione. Appare logico obbiettare alla ostinata posizione oltranzista di Sogin che se la sicurezza dello stoccaggio, temporaneo per un periodo di almeno 100 anni, è garantita dai citati cask, risulta ininfluente il sito dove questi possono stazionare.  In questa ottica, il conferimento presso il Deposito Nazionale, realizzato con criteri adatti ad ospitare e smaltire esclusivamente rifiuti a bassa e media attività, non determinerebbe maggiori tutele rispetto ai siti delle vecchie centrali o agli attuali siti di stoccaggio, dal momento che la sicurezza è garantita esclusivamente dai contenitori ad alta tecnologia (cask) e non dal sito in se stesso.

Al riguardo andrebbe anche valutato, invece, il fatto che proprio lo stazionamento dei cask in siti realizzati per attività nucleari, come le centrali, di per sé sarebbe maggiormente garantito dal momento che queste strutture hanno dei requisiti di sicurezza passiva sicuramente superiori a quelli del Deposito Nazionale, realizzato con criteri adatti ad accogliere scorie a bassa attività.

La situazione, quindi, appare ancora complessa e di difficile soluzione. A meno di una autocandidatura da parte di qualche comune  già “idoneo” in base alla CNAI o di qualche sito militare giudicabile idoneo,  per ora ci si avvia alla conclusione prevista, cioè all’imposizione della scelta ad una delle aree  previste dalla CNAI.

 Fino all’espletamento delle prossime tornate elettorali, tre delle quali riguardano  regioni quali la Sardegna, il Piemonte e la Basilicata coinvolte nella CNAI, e in particolare in considerazione delle elezioni europee, è facilmente intuibile che per ragioni di consenso politico contingente il problema del Deposito Nazionale sarà accantonato e trattato in maniera elusiva. La partita si giocherà dopo, quando i vincitori potranno affrontare  il problema forse con altre visioni  e comunque con una prospettiva di  gestione pluriennale.

Ad oggi la scelta per pure considerazioni probabilistiche ricade pesantemente sulla Provincia di Viterbo. Starà alla politica locale fare la propria parte, alle Associazioni territoriali e alla responsabilità dei cittadini porre in atto con determinazione le azioni di contrasto ad una scelta unanimemente ritenuta sbagliata tecnicamente e punitiva per un territorio già vessato in passato da scelte sbagliate in campo energetico ed oggi pesantemente attaccato ulteriormente dall’aggressione degli impianti FER e  da megaprogetti di discariche.

La manifestazione di Corchiano del  25 febbraio ha dimostrato che la Provincia si sta compattando per fronteggiare il problema del Deposito, ora spetta anche alla Regione Lazio far sentire la sua voce e contribuire in maniera autorevole a chiarire la posizione di opposizione ad un programma di smaltimento dei rifiuti radioattivi e di scelta dei siti idonei  mal concepito e potenzialmente punitivo per territori incompatibili con tali progettualità, come la Tuscia.

Prof. Angelo Di Giorgio